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Tumore della prostata

Cancro alla Prostata

Nella popolazione maschile, il cancro alla prostata (PCa) è il tumore più comune (19% dei tumori totali, escludendo quelli della cute) e la terza causa di morte oncologica (8% del totale dei decessi oncologici) [1]. Esso è diventato, nel corso degli ultimi 10 anni, il cancro più frequente tra gli uomini dei Paesi occidentali, dove colpisce oltre il 20% degli uomini a partire dai 50 anni di età [1]. In Europa la sopravvivenza relativa a cinque anni post-diagnosi è dell’83.4%, mentre in Italia arriva anche all’88.6% [1]. Più del 95% dei tumori alla prostata sono adenocarcinomi che originano nelle cellule secretorie ghiandolari ed evolvono sotto l’influenza ormonale del paziente. Il restante 5% di PCa sono sarcomi, linfomi, carcinomi a cellule squamose e metastasi da tumori in altri siti. L’area di origine di molti tumori alla prostata è la regione periferica della ghiandola prostatica. Questa zona non è in contatto diretto con il tratto urinario, perciò i sintomi sono pressoché assenti durante gli stadi precoci di malattia [2]. Con la progressione loco-regionale del tumore si manifestano sintomi quali diminuzione della potenza del getto urinario, aumento della frequenza d’emissione di urina in piccole quantità (pollachiura), presenza di sangue nelle urine (ematuria), difficoltà nell’urinare (disuria) e dolore perineale [1]. Nelle fasi più avanzate di PCa, a causa della metastatizzazione dello scheletro, si sviluppa un caratteristico dolore osseo, soprattutto a livello della colonna vertebrale [1]. Per determinare tipo e stadio di PCa viene usato principalmente il punteggio di Gleason, che si basa su campioni di biopsia. Esso varia su una scala da 1 a 10, dove all’aumentare del punteggio aumenta l’aggressività del tumore. E’ stato stimato che uno su otto uomini rischia di sviluppare tumore alla prostata nel corso della sua vita [1], ma questa probabilità può variare in diversi casi: • il rischio raddoppia nel caso in cui un famigliare stretto abbia avuto la malattia, aumenta di cinque volte nel caso in cui i famigliari siano due, mentre con tre famigliari con storia di PCa il rischio è del 97%; • nella popolazione nera, l’incidenza di PCa è più alta del 60% rispetto alla popolazione bianca, e la mortalità è doppia; • uomini con un indice di massa corporea superiore a 32.5 (indicativo di uno stato di obesità) hanno un rischio del 33% maggiore rispetto ai normo- peso. Il cancro alla prostata è causato da diversi fattori ed è il risultato di un’interazione complessa tra geni, ambiente, età e stato ormonale. I principali fattori di rischio sono: età avanzata (PCa colpisce soprattutto uomini sopra i 50 anni), ereditarietà e presenza di androgeni nella circolazione e nel tessuto prostatico. Ulteriori fattori di rischio includono inquinamento, dieta, fumo, alcool, attività sessuale pericolosa, malattie veneree e stato ormonale [3-8]. E’ possibile ridurre l’incidenza di PCa riducendo l’esposizione a questi fattori di rischio. Il testosterone è strettamente legato allo sviluppo della ghiandola prostatica e sembra che il suo aumento nel sangue di pazienti con tumore alla prostata promuova la transizione dalla fase istologica a quella clinica [9]. L’aumento del rischio dovuto a un’alta assunzione di grassi è probabilmente associato a un incremento nella produzione di testosterone e a una diminuzione nell’assorbimento di vitamina A. La vitamina A ha un ruolo conflittuale nello sviluppo del tumore alla prostata: quella di origine vegetale diminuisce il rischio di cancro, mentre quella di origine animale l’aumenta. Ciò è in accordo con la diversa incidenza di PCa osservata in Europa o America e Asia, dove l’assorbimento di vitamina A è essenzialmente di origine vegetale. Il basso numero di casi di tumore alla prostata nelle popolazioni asiatiche potrebbe essere collegato a una dieta povera di grassi e con alto contenuto di fibre e fitoestrogeni, che potrebbero avere un ruolo protettivo [3-8, 10]. Studi clinici hanno dimostrato che pazienti che hanno subito vasectomia o con una storia clinica di ipertrofia prostatica benigna (BPH) hanno un rischio più alto di sviluppare PCa.